martedì 6 maggio 2008

PENSIERINI SULL'AMORE DOMESTICO

di Giorgio Manganelli

Non dispongo di una famiglia, e ne sento la mancanza. Non ho, ad esempio, una moglie indifesa da percuotere a sangue per motivi di minestra, e bambini da terrorizzare con mirabili malumori cosmici.
I terrori sono educativi. Nella mia infanzia io ho posseduto una famiglia normale - o piuttosto ne sono stato posseduto - vale a dire quel tipo di famiglia che, per vivere, ti fornisce di laurea e di una certa quantità di demenza. In realtà la demenza è il vero titolo di studio che ho ricavato dalla vita domestica, e grazie ad essa ho conquistato rinomanza, cravatte e il diritto di accedere a golosi ristoranti.
Mi dicono che una maggioranza di coloro che sono in istato di cattività familiare ritiene che l'amore sia il fondamento della famiglia; opinione accreditata dal clero, formato esclusivamente da celibi. In verità, se non ci fosse amore, non si proverebbe alcun piacere a percuotere la sposa, far venire gli incubi ai minorenni e indurre nella sposa vagheggiamenti vedovili. L'amor familiare consiste in un complicato ordigno che mescola possesso, diritti, aspettative, consuetudine, distrazioni, prevaricazioni, e taciturni, lenti affrontamenti, "bracci di ferro" che durano una vita.
Nella famiglia nessuno fa ciò che vorrebbe fare, e ciò sarebbe dovuto all'amore, ma inevitabilmente comporta una sorta di vapore di frustrazione, tra profumo e tanfo, che pervade i locali e le anime. Ne deriva un rancore neghittoso e taciturno, un parlar d'altro, una tecnica d'elusione.
A mio avviso l'amore assomiglia ad un voluminoso e greve animale, che giorno per giorno si scompone, scinde e recide; e le gambe si aggrovigliano alle orecchie, respira per forami innaturali, si colloca gli occhi sulla coda. Questo animale conserva, per quanto scomposto e ricomposto, una sorta di opaca razionalità, una funzionalità ostinata e tetra, e sviluppa una sua specifica ferocia, tenera, languida, benevola, generosa, quella appunto da cui con il trascorrere degli anni, germoglia quel titolo di studio insostituibile, che è la demenza dell'infante, demenza che si perfeziona nell'adolescenza, e fiorisce nella piena maturità.
Per poter funzionare, la famiglia ha bisogno di questa sorta di amore, che è fondata su di una serie di astensioni da se stessi che, ben sviluppata, può portare una donna ed un uomo e degli infanti a credere di essere veramente, cioè nella sostanza, mogli e mariti e figli. Inevitabilmente, questa situazione genera o un ignaro furore, o una sorte di allucinazione collettiva; coniugi e figli vivono "come se" fossero una famiglia. Chi volesse dedurre che questa descrizione fonda la famiglia sul sadismo e non sull'amore cadrebbe in un errore terminologico, giacché che il sadismo si fonda a sua volta sull'amore. E tenete presente che l'amore della famiglia si accompagna spesso all'amor di patria.

L'Europeo, 21 settembre 1981

Nessun commento: